Candid camera
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Autore: Leandro Castellani
C.c. è l’espressione coniata da Allen Frost per un programma del network statunitense CBS (1960-1967). Indica situazioni e momenti nei quali un personaggio viene inquadrato a sua insaputa dalla macchina da presa, che ne coglie di conseguenza atteggiamenti e reazioni ‘candide’, spontanee, tali da suscitare il riso. Naturalmente macchina da presa e microfoni debbono essere accuratamente nascosti per assicurare l’effetto voluto. La ‘trovata’, che ha dato origine a un vero e proprio genere televisivo, era stata già ampiamente utilizzata, peraltro, dal cinema americano underground degli anni Cinquanta.
Nell’evoluzione del genere si possono individuare tre modalità di impiego. a) La ripresa nascosta. Cogliere, senza provocarli, situazioni, reazioni, atteggiamenti, del tutto spontanei. Esempio emblematico di questa tecnica è quello degli americani Asley, Engel e Orkin che nel 1953 costruiscono un intero film (Il piccolo fuggitivo) seguendo un bambino disperso nella grande spiaggia di Coney Island, fra inconsapevoli bagnanti. In Italia tale espediente viene utilizzato per la prima volta, in chiave televisiva, da Luciano Emmer nell’inchiesta di costume Noi e l’automobile (1962).
b) La provocazione. Si tratta di programmi escogitati e orchestrati attorno a una ‘provocazione’, costituita da una situazione anomala, tale da coinvolgere il casuale malcapitato protagonista proponendogli sfide assurde, mettendolo in serio imbarazzo. Negli Stati Uniti questa seconda formula è stata usata in numerosi programmi televisivi, scivolando non di rado dall’osservazione di costume al piano di un divertimento discutibile e spesso iterativo. In Italia la tecnica è stata introdotta e variata da Nanny Loy nel 1965 con Specchio segreto, trasmissione televisiva che cercava di costruire le provocazioni al fine di commentarle poi con osservazioni di costume tese a recuperarne, almeno nelle intenzioni, il dato culturale.
c) Nuova fortuna della formula. La formula è stata riproposta in Italia negli anni Ottanta, alternando la presentazione di vecchi spezzoni americani a nuovi esempi nostrani, a partire da Smile (su Canale 5) a cui hanno fatto seguito numerosi altri programmi, sempre a metà fra ‘antologia’ di esempi stranieri e ‘casi’ italiani (Crazy camera, ecc.). Da notare che la nuova fioritura è stata facilitata dall’adozione della telecamera (e relativa tecnica elettronica) al posto della macchina da presa cinematografica (utilizzata da Loy e da Emmer), con la possibilità di girare più a lungo a costi minori e quindi di aumentare le probabilità di cogliere reazioni divertenti.
Dalla ‘provocazione’ si passa poi, con Scherzi a parte (1993 e segg., Canale 5), alla costruzione di vere e proprie storie orchestrate in situazioni complesse per coinvolgere personaggi famosi dello spettacolo, della cronaca, della politica, ecc.
Criteri di valutazione. Se l’uso sobrio e oculato della ‘ripresa nascosta’ permette talora in lavori d’inchiesta e documentazione di approfondire le componenti antropologiche di una situazione o di un dato di costume, l’organizzazione un po’ sadica della ‘provocazione’, ai limiti del rispetto per la privacy individuale (anche se la possibilità di ‘trasmettere’ le riprese deve sempre intendersi subordinata all’assenso sottoscritto dalla ‘vittima’) è tale da mettere seriamente in imbarazzo il malcapitato. La c.c. rischia così di sfociare in un divertimento sgradevole, nel quale lo spettatore viene sollecitato a ridere del disagio altrui. Va detto, peraltro, che spesso gli ‘scherzi’ del tipo più recente rappresentano soltanto un espediente per costruire degli sketch alternativi, talora con la connivenza delle stesse vittime, ma operando in questo caso una forma di inganno del pubblico cui vengono proposti come autentici.
Nell’evoluzione del genere si possono individuare tre modalità di impiego. a) La ripresa nascosta. Cogliere, senza provocarli, situazioni, reazioni, atteggiamenti, del tutto spontanei. Esempio emblematico di questa tecnica è quello degli americani Asley, Engel e Orkin che nel 1953 costruiscono un intero film (Il piccolo fuggitivo) seguendo un bambino disperso nella grande spiaggia di Coney Island, fra inconsapevoli bagnanti. In Italia tale espediente viene utilizzato per la prima volta, in chiave televisiva, da Luciano Emmer nell’inchiesta di costume Noi e l’automobile (1962).
b) La provocazione. Si tratta di programmi escogitati e orchestrati attorno a una ‘provocazione’, costituita da una situazione anomala, tale da coinvolgere il casuale malcapitato protagonista proponendogli sfide assurde, mettendolo in serio imbarazzo. Negli Stati Uniti questa seconda formula è stata usata in numerosi programmi televisivi, scivolando non di rado dall’osservazione di costume al piano di un divertimento discutibile e spesso iterativo. In Italia la tecnica è stata introdotta e variata da Nanny Loy nel 1965 con Specchio segreto, trasmissione televisiva che cercava di costruire le provocazioni al fine di commentarle poi con osservazioni di costume tese a recuperarne, almeno nelle intenzioni, il dato culturale.
c) Nuova fortuna della formula. La formula è stata riproposta in Italia negli anni Ottanta, alternando la presentazione di vecchi spezzoni americani a nuovi esempi nostrani, a partire da Smile (su Canale 5) a cui hanno fatto seguito numerosi altri programmi, sempre a metà fra ‘antologia’ di esempi stranieri e ‘casi’ italiani (Crazy camera, ecc.). Da notare che la nuova fioritura è stata facilitata dall’adozione della telecamera (e relativa tecnica elettronica) al posto della macchina da presa cinematografica (utilizzata da Loy e da Emmer), con la possibilità di girare più a lungo a costi minori e quindi di aumentare le probabilità di cogliere reazioni divertenti.
Dalla ‘provocazione’ si passa poi, con Scherzi a parte (1993 e segg., Canale 5), alla costruzione di vere e proprie storie orchestrate in situazioni complesse per coinvolgere personaggi famosi dello spettacolo, della cronaca, della politica, ecc.
Criteri di valutazione. Se l’uso sobrio e oculato della ‘ripresa nascosta’ permette talora in lavori d’inchiesta e documentazione di approfondire le componenti antropologiche di una situazione o di un dato di costume, l’organizzazione un po’ sadica della ‘provocazione’, ai limiti del rispetto per la privacy individuale (anche se la possibilità di ‘trasmettere’ le riprese deve sempre intendersi subordinata all’assenso sottoscritto dalla ‘vittima’) è tale da mettere seriamente in imbarazzo il malcapitato. La c.c. rischia così di sfociare in un divertimento sgradevole, nel quale lo spettatore viene sollecitato a ridere del disagio altrui. Va detto, peraltro, che spesso gli ‘scherzi’ del tipo più recente rappresentano soltanto un espediente per costruire degli sketch alternativi, talora con la connivenza delle stesse vittime, ma operando in questo caso una forma di inganno del pubblico cui vengono proposti come autentici.
L. Castellani
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Come citare questa voce
Castellani Leandro , Candid camera, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (23/11/2024).
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